Roma - Villa Torlonia

Villa Torlonia

Situata lungo la Via Nomentana ad un miglio da Porta Pia, di proprietà della famiglia Colonna, comprendeva un modesto casino residenziale ed una tenuta per lo più a carattere rurale; fu acquistata dal marchese Giovanni Torlonia nel 1797.

a tenuta divenne una delle più fastose residenze della nobiltà romana in tre fasi distinte:

La prima fase, avvenuta tra gli anni 1802-1806 e affidata all'architetto Giuseppe Valadier, si basò sulla trasformazione del preesistente edificio in un casino nobile ispirato alla Farnesina Chigi e nella sistemazione del parco secondo canoni formali;

La seconda fase, più consistente e avvenuta negli anni dal 1835 al 1842, fu affidata a Giovan Battista Caretti e a Giuseppe Japelli.

Il primo, architetto e pittore, ampliò ed abbellì ulteriormente il casino nobile, ribaltandone il fronte in direzione della Via Nomentana e trasformò il Villino dei Principi in un edificio neorinascimentale. Fece costruire la Limonaia, affidò all'architetto Quintiliano Raimondi la costruzione di un teatro di corte dalle pregevoli architetture, fece realizzare le scuderie in stile neogotico e arricchì la villa di false rovine, arredi svariati, piccole fabbriche in funzione decorativa.

Il secondo si occupò della parte nuova che, a differenza di quella più antica conservava l'impostazione data da Valadier, fu sistemata secondo i canoni dei giardini all'inglese, con montagnole, scogliere rustiche, fabbriche esotiche quali la Serra Moresca, la Capanna Svizzera, il Campo dei Tornei.

La terza fase, risalente agli anni in cui la Villa fu residenza di Giovanni Torlonia jr., tra il 1905 e il 1930, segnò la trasformazione della Capanna Svizzera in Casina delle Civette, la costruzione del Casino Medioevale e d'alcuni edifici di servizio, la modifica dell'ingresso su Via Nomentana.

La Villa nel 1925 era intanto divenuta residenza del duce Benito Mussolini, mentre il principe Trottolina abitava nella Casina delle Civette: molte furono anche in questo periodo le modifiche dettate da esigenze funzionali, quali servizi igienici o accessi carrabili.

Nel 1946, e per quasi due anni, fu invece il comando militare anglo-americano a risiedere nella Villa, con conseguenze disastrose e incalcolabili ai danni del patrimonio artistico ed arboreo.

Dopo molti decenni di degrado, il complesso è stato acquisito dal Comune di Roma (un diciottesimo indiviso è proprietà dello Stato italiano) e destinato ad uso pubblico di carattere culturale.

All'inizio del Novecento, lo spazio antistante il casino nobile in direzione di Via Nomentana, con la costruzione del nuovo ingresso e la distruzione delle false rovine, è stato completamente ridisegnato, organizzando aiuole irregolari contornate da palmizi, tutte attorno all'obelisco che funge da fulcro della composizione.

E' così scomparso l'assetto simmetrico e regolare ideato da Valadier e leggibile nelle piante della Villa del primo Ottocento.

Nell'area intorno al Villino Medioevale, per volere di Giulio Borghese Torlonia, fu impiantato un giardino di bulbacee, oggi scomparso. Risale all'epoca anche il viale di tigli di fronte al Villino e introduce un settore di piante spolianti, in contrasto con il predominio dei sempreverdi impiantati nell'Ottocento.

Anche la parte di parco attinente al Villino rosso fu sistemata secondo il gusto un po' confuso dell'epoca, con un vialone di cipressi e, intorno, alcuni oleandri e piante di cachi.

Purtroppo, all'epoca dell'occupazione della Villa da parte del comando militare anglo-americano, furono molte le devastazioni a carico del parco: numerosi furono gli alberi, anche d'alto fusto, tagliati per esigenze funzionali; nell'elenco dei danni, tra gli esemplari abbattuti, figurano ben trenta alberi di camelia, alti fino tre metri.

Gli edifici risalenti al periodo compreso tra la fine del secolo scorso e i primi decenni dell'attuale sono il Villino Medievale, il Villino Rosso, la portineria, l'ingresso su Via Nomentana; nello stesso periodo e' stata profondamente modificata la Capanna Svizzera o Casina delle Civette.

Il Villino Medievale

Anna Maria Torlonia, che fu l'artefice maggiore della Villa, dispose, nel 1901, il dono di un edificio a scelta al marito, Giulio Borghese che, per impedire l'estinzione della famiglia Torlonia, ne aveva acquisito il nome. Giulio concordò con i figli Giovanni jr. e Carlo la costruzione ex novo di un edificio, il cui progetto fu presentato nel 1906 e subito realizzato.

L'edificio, uno dei più grandi della Villa, utilizza un dislivello del terreno, appoggiandosi da un lato alla preesistente Limonaia e dall'altro prospettando con un'ampia facciata a tre piani in direzione di Via Spallanzani.

Il complesso è articolato da una torre, un'altana, scalinate e porticati. I paramenti murari alternano tufi, laterizi e decorazioni marmoree, mentre gli interni presentano un unico ambiente decorato con un fregio di stampo medioevale.

Il progetto fu predisposto da Enrico Gennari e, tra i decoratori, vanno citati Armando Brasini, incaricato dell'esecuzione di stucchi e Cesare Picchiarini, autore di pregevoli vetrate policrome oggi scomparse.

L'edificio fu abitato da Giulio solo fino al 1915, anno della morte, poi adibito ad usi vari e, per un certo periodo, affittato.

Il Villino Rosso

Il piccolo edificio fu realizzato, nel 1922, all'incrocio tra Via Siracusa e via Spallanzani, affacciandosi direttamente sulla strada da un lato e all'interno della Villa dall'altro.

Si tratta di un manufatto per abitazione, di due piani; il prospetto interno, sfruttando un dislivello del terreno, presenta un piano in più con una serie di stanze articolate attorno ad un salone ovale, decorato da delicate tempere con le raffigurazioni delle stagioni.

Lo stile è eclettico, con alcune citazioni medioevali, quali i beccatelli, gli archetti marcapiano, i ricorsi in mattone, e il nome deriva dal vivace colore rosso di tutto l'insieme.

Dal lato verso il giardino, l'ingresso si compone da una rampa che sale tra un filare di cipressi, mentre al di sotto è presente l'accesso per le carrozze

L'ingresso

L'ingresso della Villa, ideato da Giovan Battista Caretti intorno al 1840, era quanto mai spettacolare con un susseguirsi di false rovine di templi, di basiliche, con una coffee-house, un anfiteatro di tipo romano e un muro di cinta.

Nei primi anni di questo secolo, la sede stradale di Via Nomentana fu ampliata di oltre 20 metri e così una consistente fascia della Villa fu espropriata e le fabbriche che v'insistevano demolite.

Distrutta la fantastica creazione di Caretti, fu progettato un nuovo ingresso, dall'impostazione totalmente diversa: due portici esterni, di stampo classico, terminano il muro di cinta in asse con il casino nobile, integrato da una cancellata di ferro battuto. Il progetto fu affidato all'architetto Enrico Gennari che usò alcune statue della collezione Torlonia.

Villa Torlonia

La Capanna Svizzera, ideata da Giuseppe Jappelli nel 1840, fu, tra il 1908 ed il 1913, trasformata in "Villaggio medioevale" quindi, tra il 1916 ed il 1919, in Casina delle Civette, così denominata dal prevalere di decorazioni aventi per tema, appunto, la civetta.

Ancora nel 1905, la Capanna Svizzera conservava, in pratica inalterato, l'aspetto di rustico "romitorio" ma subito dopo, nel 1908, vi fu aggiunto un secondo corpo di fabbrica, collegato a livello del primo piano da un passaggio sospeso; quindi fu ampliata l'ala nord-occidentale e nel 1913 la costruzione si era trasformata secondo linee medioevaleggianti.

Una nuova metamorfosi avvenne negli anni a partire dal 1917: Giovanni Torlonia incaricò l'architetto Vincenzo Fasolo di un'aggiunta al fronte meridionale e dell'elaborazione di un complesso apparato decorativo ispirato al liberty. Fasolo, avvalendosi dell'apporto di noti artisti, quali Duilio Cambellotti, Paolo Paschetto, Umberto Bottazzi e Vittorio Grassi, realizzò uno dei complessi più interessanti del tempo.

Il degrado della Villa iniziò nel 1944, quando venne occupata da parte delle truppe alleate che vi sarebbero rimaste fino al 1947.

La Casina, già in pessime condizioni al momento dell'acquisto da parte del Comune, subì, oltre a vari furti ed atti di vandalismo, un incendio nel 1991.

Dal 1992 al 1997 la Casina delle Civette fu tuttavia sottoposta a un lungo restauro che ha permesso l'apertura al pubblico di questo edificio, primo tra tutti quelli della villa.

All'interno, la Casina, disposta su due piani, è riccamente decorata da stucchi, maioliche, mosaici, pitture, sculture e ferri battuti. Tra tutte, spiccano le numerose vetrate che caratterizzano l'intera costruzione.

Le architetture sono molto varie, con alternanze di paramenti murari in tufo, in mattoni, ad intonaco, articolate in un continuo alternarsi d'attici, logge, portici e scale, con inserti di sculture antiche e con pensiline dalle maioliche a colori vivacissimi.

Tutte le decorazioni e gli arredi erano ispirati, per volere del principe Torlonia misantropo e tenebroso, al tema della civetta: la carta da parati era a civette stilizzate, i lampadari raffiguravano voli di civette, perfino campanelli e abat-jour avevano le sembianze del notturno animale.

L'elemento decorativo più appariscente dell'edificio erano le vetrate, disegnate dai citati artisti e realizzate dal maestro Cesare Picchiarini, che alternava soggetti solari, come le rose di Paschetto, a temi cupi quali le civette nella notte di Cambellotti.

L'edificio, pregevolissimo esempio di fusione d'architettura e arti decorative, è destinato ad ospitare un museo d'arti applicate, dedicato in particolare alle vetrate liberty.

Indirizzo
Via Nomentana, 70, 00161 Roma RM