Roma - Villa Mirafiori


Villa Mirafiori è una villa storica di Roma, sita lungo la via Nomentana. Oggi è una delle sedi della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'università "La Sapienza".

Fino alla metà del XIX secolo lungo la Via Nomentana, superata la magnifica villa Torlonia, si estendeva un tessuto continuo di vigne interrotto solo da alcune piccole costruzioni.

Nel sito in cui si trova ora Villa Mirafiori, lungo la via consolare, si trovava una delle più celebri osterie romane, meta di gite "fuori porta", l'osteria della Baracca, che compare in molte piante ed è menzionata nelle cronache cittadine fin dalla fine del Settecento.

Il Catasto gregoriano del 1818 registra intorno all'osteria un susseguirsi di terreni vignati e ortivi di vari proprietari, intersecati da stradelli "ad uso della campagna".

Nel 1855, un appezzamento di terreno lungo la Via Nomentana, confinante con l'osteria, fu acquistato da Giovanni Malatesta, che incaricò il giardiniere d'origine tedesca Emilio Richter di sistemare la vigna secondo i canoni di un parco all'inglese, mentre veniva avviata la costruzione dell'edificio destinato a residenza padronale, con accanto alcuni piccoli manufatti rurali.

I lavori non erano ancora ultimati quando la proprietà Malatesta fu acquistata, unitamente ad altri due appezzamenti minori - l'osteria della Baracca di proprietà del principe Ginnetti e un altro sito di proprietà di Luigi Zoppelli - dal re d'Italia, Vittorio Emanuele II, il quale, volle una sede romana anche per la moglie morganatica, Rosa Vercellana, da lui nominata contessa di Mirafiori, detta la "bella Rosina".

Senza badare a spese la villa fu sistemata con gran cura, il palazzo arredato lussuosamente ed il parco affidato all'opera di Richter, divenendo tra i più spettacolari della città.

I lavori procedettero alacremente: già nel 1877 erano stati realizzati due laghi, una magnifica uccelliera era stata smontata dai giardini del Quirinale e trasportata nella Villa Mirafiori per adornare il parco, una serra olandese ospitava ananas e piante rare e il palazzo era rifinito con dovizia di stucchi, vetrate, camini in marmo pregiato, mobili raffinati.

Secondo i "seminatori di scandali" dell'epoca, la "bella Rosina" viveva nella Villa circondata di "asiatico lusso" e pretendeva di "ispirare le sue fabbriche alla grandiosità di quelle del real parco di Racconigi". Indubbiamente la Villa, pur nella limitata estensione, era fastosa e paludata e, racconta sempre le cronache, il re si recava giornalmente in visita alla contessa.

Furono però fasti di breve durata: alla morte del re, nel 1878, la Villa fu venduta e progressivamente lottizzata.

Oggi si conserva solo l'edificio principale con una piccola estensione di parco ed il modesto manufatto della portineria. Lungo il fronte su Via Nomentana, il parco è stato sacrificato per consentire l'ampliamento della sede stradale nel 1910 e, in fasi successive, porzioni di parco sono state sottratte alla villa e utilizzate per altre costruzioni.

La parte di parco in direzione di Porta Pia è stata utilizzata fin dal 1910 dal commendatore Giorgio Page, che vi costruì un'eclettica Villa con un modesto giardino intorno, oggi sede del consolato russo e denominata Villa Lituania. L'antico sito dell'osteria della Baracca, diviso dal corpo principale della Villa dall'attuale Via Carlo Fea, ospita oggi vari villini, dalle linee architettoniche eclettiche e spesso circondati da minuscoli giardini, residui dello storico parco. La porzione di parco retrostante l'edificio è stato occupata dal colossale gazometro della Società anglo romana e, in seguito, lottizzata per far posto ad altre abitazioni.

L'edificio principale è sopravvissuto alle esigenze dell'espansione edilizia ma non è rimasto immutato: negli anni venti, usato come sede da un istituto religioso, fu, di fatto, raddoppiato.

Ora la Villa è sede di un istituto universitario ed il parco è in gestione pubblica.

Il nucleo più antico dell'edificio consiste in un corpo a tre piani con due ali laterali leggermente avanzate e, addossati al lato destro, una torre campanaria seguita da una bassa costruzione che conduce ad una cappellina coperta a cupola. Bugne angolari scandiscono l'edificio, mentre i paramenti murari sono a finti conci piatti. Numerosi stucchi decorano le cornici delle finestre e dei portali e sopra la loggia d'ingresso un piccolo terrazzo ospitava alcune statue.

Il monumentale ingresso sul fronte principale, con scalinata e tre portali ad arco a formare un loggiato, si apriva sul parco e sul lago "grande". Sia i portali di accesso che il loggiato sono chiusi da bellissime vetrate molate con raffinate decorazioni floreali, lo stemma reale e la data ancora ben leggibile dell'edificazione, il 1874. L'impostazione complessiva richiama le tipologie rinascimentali, quali la Farnesina alla Lungara o la Farnesina ai Baullari ma la presenza della torre campanaria, della loggia e della cappella sono indubbi motivi eclettici.

Molte sale e la cappella avevano decorazioni a tempera soprattutto sui soffitti: molte sono andate perdute nel corso dell'ampliamento degli anni venti, ma forse qualcosa ancora si conserva sotto le aggiunte successive e, con un accurato intervento, si potrebbe tentarne il recupero.

Oggi, solo a fatica, si distingue il corpo originario dalle aggiunte successive che ne hanno soffocato l'eleganza, nonostante lo sforzo di adeguarsi allo stile preesistente: la loggia è stata sopraelevata di un piano e la cappella terminale è stata inglobata in una struttura che amplia a dismisura il fabbricato, triplicandone i volumi. A peggiorare l'effetto complessivo si aggiunge l'orrenda tinteggiatura in uno squillante color ocra che ricopre uniformemente stucchi e cornici, bugne e conci.

La porzione di parco che adesso sopravvive è ben misera cosa rispetto all'assetto ed all'estensione originaria: è scomparso il lago "grande", che aveva al centro un'isoletta con un casotto, non vi è più traccia di uccelliere e serre, il giardino cinese realizzato e descritto da Richter è scomparso. Si conserva il lago "piccolo", un modesto specchio d'acqua contornato da scogliere rustiche in cui si riflette una mediocre statua - di fattura recente in gesso - di San Francesco, mentre alcune alberature di pregio evocano la bellezza originaria del luogo.

Come si è detto la sistemazione ideata da Richter era all'inglese, con l'uso di scogliere rustiche a segnare i viali, con aiuole irregolari, specchi d'acqua e, a dare un tocco esotico al complesso, una serra olandese, un'uccelliera e uno chalet all'uso svizzero. L'esperto giardiniere vi aveva inoltre impiantato "non meno di trentamila piante esotiche e pregiate".

Nell'unica immagine fotografica nota della villa, risalente all'epoca in cui era residenza della contessa di Mirafiori, si vede un parco di impianto recente, con le alberature ancora di modeste dimensioni, ma si apprezza la varietà di essenze vegetali tra cui spiccano una pianta di yucca, considerata all'epoca rara e pregiata, ed alcune palme.

Oggi, di quest'assetto così curato e particolare, restano alcuni residui percorsi delimitati da scogliere rustiche ed alcuni monumentali alberi di cedro isolati tra aiuole incolte e prati devastati. Non si sa se c'erano arredi particolari nel giardino: oggi resta solo un bel sarcofago antico, usato come fontana e completamente ricoperto di edera.

Indirizzo
Via Carlo Fea, 2, 00161 Roma RM