Fiumicino - Museo delle Navi Romane -

Fiumicino
- Museo delle Navi Romane -

MUSEO

Realizzato tra il 1965 ed il 1979, il Museo delle Navi di Fiumicino ospita i resti di quella che potrebbe essere definita una piccola flotta di imbarcazioni di età romana, composta da quattro navi mercantili, una barca da pesca, e due superstiti frammenti di altre navi.

Museo delle Navi Romane

La vicenda del loro reperimento iniziò nel 1958, quando i lavori per la ricostruzione dell'aeroporto intercontinentale Leonardo Da Vinci consentirono di eseguire ricerche archeologiche nel sito dell'antico porto, voluto dall'imperatore Claudio, tra il 42 e il 54 d.C.

Il grande bacino di circa 80 ettari con apertura, a Nord, ampia 200 m., era un molo foraneo lungo 800m., nel quale svettava l'alto faro a quattro piani. Fu, forse, inaugurato da Nerone nel 66 d.C.

La grandiosa opera doveva risolvere il secolare problema di Roma che era stato, fino allora, privo di un adeguato sbocco al mare, se si esclude il poco agevole porto fluviale ostiense, realizzato già in età repubblicana.

Purtroppo si rivelarono esatte le pessimistiche previsioni dei tecnici del tempo, che avevano pronosticato la progressiva inutilizzazione del bacino, che era fortemente esposto all'insabbiamento dovuto ai detriti trasportati dal Tevere e dalle correnti marine.

Tra il 103 e il 112 d.C., l'imperatore Traiano realizzò un secondo bacino del tutto artificiale, ampio 33 ettari, di forma esagonale, raccordato per mezzo di darsene al precedente porto. Il nuovo scalo fu attrezzato con strutture funzionali, magazzini e edifici residenziali tali da costituire una nuova città: Portus.

Un lungo canale artificiale, che dall'imperatore prende il nome, collegò il complesso con il fiume Tevere per permettere ai battelli da trasporto fluviali di risalire la corrente fino a Roma.

La fortuna dei porti imperiali crebbe e tramontò con quella della Capitale per la quale furono costruiti.

L'ultimo grande evento che coinvolse i porti e la città che si era formata intorno, fu il blocco operato dai Goti nel 553 ai danni di Roma difesa da Belisario (Procopio, De Bello Gothico, 1,26,7-13).

Dopo il lungo oblio conseguente all'abbandono e all'insabbiamento, ai primi di questo secolo iniziò l'indagine scientifica. Bisognerà, però,  giungere alla fine degli anni '50 perché potessero essere messe in luce la maggior parte delle opere di difesa del porto di Claudio e le navi, in conseguenza dei lavori condotti dalla dott.ssa V. Scrinari Santamari, ex soprintendente di Ostia ed artefice del Museo delle Navi.

Per garantire la conservazione dei fragili resti lignei e permettere la loro visione da parte del pubblico, nel 1979 venne inaugurato il Museo delle Navi, costruito presso l’area di rinvenimento dei relitti in via Alessandro Guidoni. Per motivi conservativi si decise di esporre solo i 5 scafi meglio conservati dei 7 rinvenuti, ovvero una barca da pesca provvista di vivaio sul ponte e 4 imbarcazioni di piccolo cabotaggio, adatte alla navigazione fluviale lungo il Tevere (naves caudicariae). I natanti furono probabilmente affondati intenzionalmente al termine della loro vita utile, in un’area portuale poco utilizzata ai margini del bacino di Claudio.

L'allestimento del Museo fu curato da Valnea Santa Maria Scrinari, avanzato per l'epoca e ospitato, dopo adeguati lavori di trasformazione, nell'edificio realizzato dall'Ingegnere Otello Testaguzza per ricoverare e restaurare i relitti. La costruzione, composta da un unico grande spazio rettangolare, come una sorta di hangar, sorge a ridosso dell'aeroporto internazionale di Fiumicino, nel luogo in cui i relitti delle navi vennero scoperti, proprio durante i lavori di costruzione dell'aeroporto stesso.

Il vecchio museo è stato chiuso nel 2002 per la presenza di amianto nel tetto. Con i lavori di bonifica, sorsero però altri problemi strutturali e di necessità di adeguamento alle norme antisismiche. Il museo pertanto non è stato più riaperto, il vecchio allestimento smantellato, trasformandosi nei fatti in un deposito per i relitti delle navi e per parte dei materiali esposti, mentre un'altra parte fu trasportata nei depositi di Ostia antica.

Il Nuovo Museo

Durante questo lungo periodo, l'interesse per il museo è rimasto vivo, a cominciare dai cittadini e dalle istituzioni del territorio di Fiumicino. Negli ultimi anni, una serie d’iniziative della Soprintendenza Speciale di Roma e poi del Parco Archeologico di Ostia Antica ha contribuito al nuovo impegno del MiBACT, che ha inserito il Museo delle Navi nel programma dei Grandi Progetti Strategici, finanziandone i lavori di ristrutturazione e nuovo allestimento, attualmente in corso.

Pur con il rallentamento dovuto alla pandemia COVID-19, l'intento del Parco di Ostia Antica, grazie all'impegno del suo Direttore, Maria Rosaria Barbera, è di terminare i lavori entro il 2020.

Museo delle Navi Romane

Il nuovo progetto espositivo del museo usa come punti di forza la semplicità e le dimensioni dell'edificio originale: un unico spazio rettangolare relativamente piccolo, in gran parte “riempito” dai cinque relitti e da una grande passerella, progettata per il nuovo allestimento, che dal piano terra sale lungo tre lati del museo permettendo d’apprezzare le imbarcazioni a quote diverse e anche offrendo una visione generale dall'alto di tutta la collezione.

Il progetto vuole concentrare l'attenzione del visitatore sulle navi e sul loro contesto di vita e d’utilizzo portuale. E' stato quindi progettato un percorso di visita suddiviso in due parti, una a piano terra e un’altra lungo la passerella aerea.

LA NAVIGAZIONE NELL'ANTICHITA'

I trasporti marittimi, convenienti rispetto a quelli di terra sia per quantità di merci trasportate, sia per la minor durata del viaggio, furono un importante strumento d'unificazione e sviluppo economico per l'area mediterranea durante tutta l'antichità, principalmente sotto l'Impero romano. I vascelli da carico, detti genericamente naves onerarie, si differenziavano da quelli da guerra sia per la forma sia per il sistema di propulsione.

La nave da trasporto possedeva, infatti, una sezione alquanto capace, con una carena tondeggiante ed una larghezza pari, mediamente, a circa un terzo della lunghezza, mentre l'altezza era circa metà della larghezza. Questo tipo d'imbarcazione si avvaleva della propulsione eolica: una gran vela quadra era tesa sull'albero di maestra e, a volte, sopra di essa si apriva un'altra piccola vela triangolare detta supparum. A prua un secondo albero si protendeva in posizione inclinata, a guisa di trinchetto, mentre a poppa era presente un terzo albero.

Nelle navi da guerra, invece, la maggior lunghezza dello scafo, unita ad una larghezza contenuta, contribuivano a rendere il mezzo veloce e maneggevole. Questi vascelli, detti genericamente naves longae, in assetto di battaglia si avvalevano dell'azione dei remi manovrati da diverse file di rematori disposti sulle fiancate; questo permetteva rapidi cambiamenti di direzione e manovre d'abbordaggio e speronamento precise e sicure. Nella normale navigazione di trasferimento, anche queste navi si avvalevano della forza del vento.

Anche nelle acque interne dei fiumi e dei laghi la navigazione era molto attiva. Sono note le due navi recuperate nel lago di Nemi lunghe oltre 70 m. e larghe oltre 20 che furono costruite per essere utilizzate, quali lussuosi yacht, dall'imperatore Caligola e dalla sua corte. Ma anche navi commerciali e da guerra solcavano le acque interne, particolarmente di fiumi quali il Reno e il Danubio.

Tra le navi militari impiegate nei fiumi del nord lungo il confine dell'impero, si segnalano le lusoriae, battelli leggeri molto veloci, lunghi circa 20 metri, di cui sono stati individuati probabili resti presso Magonza.

Per quanto riguarda il Tevere e i porti di Claudio e Traiano, la complessa organizzazione del trasporto delle merci fino alla capitale meritano un cenno particolare. La navigazione fluviale era affidata a navi da trasporto e barche di varie dimensioni, i cui proprietari furono conosciuti con il nome di navicularii; questi potevano esercitare il commercio in proprio o per conto dello Stato.

Le fonti scritte tramandano i nomi di queste principali imbarcazioni:

Lenunculi - Erano le imbarcazioni più comuni, non grandi, ma molto veloci e dotate di diversi rematori. In ambito portuale potevano assolvere le funzioni dei moderni rimorchiatori. I lenunculi degli auxiliarii provvedevano ad alleggerire del loro carico le navi in rada.

Scaphae - Si tratta di piccole barche a remi con fondo piatto che, insieme ai lenunculi, erano spesso adibite ai servizi di traghetto e al trasporto da sponda a sponda di persone e merci.

Lintres - Erano le tipiche barchette fluviali con scafo stretto e allungato, basse fiancate e fondo piatto, non dissimili da quelle usate ancor oggi nel Tevere dai pescatori d'anguille.

Naves caudicariae - Queste erano le vere navi da trasporto fluviale usate quasi esclusivamente sul Tevere, dal momento che, al di fuori di qui, esse comparvero soltanto su un'iscrizione in Gallia. Con chiglia a carene piatta, ad ampia sezione di stiva, queste navi erano caratterizzate dalla presenza di un albero maestro reclinabile, privo di pennone e fornito di pedarole, che all'occorrenza era utilizzato come braccio di sollevamento per il carico delle merci.

Questi battelli adibiti al trasporto di carichi molto pesanti, non potendo agevolmente manovrare con la velatura tra le strette rive del fiume né risalire la corrente a forza di remi, erano assicurati per mezzo di robuste gomene a pariglie di buoi che, percorrendo la riva destra del Tevere, permettevano la risalita dei natanti fino agli scali urbani.

Fonte:
Parco Archeologico di Ostia Antica